martedì 28 dicembre 2010

Giornate Reumatologiche Altomolisane

Nei giorni 29 e 30 ottobre 2010 si è tenuto presso il teatro Italo Argentino di Agnone il primo congresso dal titolo Giornate Reumatologiche Altomolisane. All'importante aggiornamento scientifico hanno partecipato illustri reumatologi proveniente da diverse regioni italiane. Tra i relatori il professori Luigi Di Matteo dell'Università di Pescara, Elisabetta Cortis Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, Mauro Granata Osèedale S Filippo Neri di Roma, Romano Bucci Ospedali Riuniti Di Foggia, Roberto Paganelli Università di Chieti e ancora Maurizio Mondavio, Salvatore Bellissimo, Mauro Ranieri, Daniele Cerimele, Antonella Vacca, Franco Paoletti quest'ultimo resposabile scientifico dell'evento ECM. Notevole il numero degli iscritti al convegno nelle due giornate circa trecento presenze complessivamente. La seconda edizione dell'evento è prevista per le giornate del 28 e 29 ottobre 2011 con la speranza che l'evento abbia lo stesso successo. Sarà consentità l'iscrizione per tutte le professioni sanitarie.

mercoledì 19 maggio 2010

L’Ospedale S.F. Caracciolo protagonista al Congresso Nazionale dei Reumatologi Ospedalieri Italiani CROI 2010.


Dall ‘otto al dieci aprile us si è svolto a Milano presso l’Hotel Executive il XIII Congresso Nazionale del Collegio dei Reumatologi Ospedalieri Italiani (CROI) che ha avuto come tema centrale “La gestione clinica delle poliartriti”. Il congresso ha avuto come protagonisti oltre 500 partecipanti specialisti in reumatologia provenienti da tutti gli ospedali e le università italiane. I temi trattati nel corso dell’evento scientifico sono stati di estremo interesse ed hanno riguardato malattie come l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica, la spondilite anchilosante, le artriti paraneoplastiche, le malattie reumatiche rare, la fibromialgia, l’osteoporosi, l’artrosi. Inoltre ampio spazio è stato dato alle nuove terapie farmacologiche contro le artriti primitive in particolare ai farmaci biotecnologici di prima e di seconda linea che hanno rivoluzionato il trattamento e migliorato la prognosi di queste gravi malattie. Nel corso del congresso si è distinta l’attività scientifica svolta presso l’U.O. di Reumatologia dell’ospedale S.F. Caracciolo di Agnone. In particolare è stata premiata la cospicua attività scientifica pubblicata sulla rivista ufficiale del CROI “Progressi in Reumatologia Clinica” volume 4/S 2010. In effetti sono stati prodotti dall’UO diretta dal dott Franco Paoletti 14 lavori originali su diversi argomenti: dall’efficacia dei nuovi farmaci biotecnologici alle difficoltà di gestione di questi; un lavoro ha riguardato la problematica relativa ai costi dei nuovi farmaci biotecnologici (relazione di farmacoeconomia). In tale relazione, esposta dal dott. Franco Paoletti reumatologo presso l’ospedale di Agnone, è stato confermato l’impatto economico relativi ai costi di tali moderne terapie giustificati dai benefici di cui i pazienti godono in termini di attesa di vita rapportata alla qualità di vita con ricadute positive sui costi assistenziali che la società è costretta a sopportare quanto tali malattie non siano riconosciute e curate con efficacia o non siano mantenute in remissione. Sono stati trattati anche temi relativi all’osteoporosi grave e al trattamento farmacologico intrarticolare con farmaci condroprotettivi. Sono stati descritti casi clinici di difficile gestione e casi di malattie rare. Grande enfasi è stata data alla diagnosi precoce delle artriti unica possibilità per impedire l’invalidità, la disabilità e migliorare l’aspettativa di vita dei pazienti affetti da malattie reumatiche. Particolare attenzione alla diagnosi strumentale precoce delle artriti come l’ecografia articolare con sonde dedicate ad alta frequenza per i riconoscimento precoce delle lesioni artritiche, tecnica strumentale eseguita da anni presso il SF Caracciolo nell’ambito della Early Rheumatoid Arthritis Clinic. Alla conclusione del Congresso Nazionale CROI il comitato scientifico ha comunicato i nomi dei vincitori dei migliori contributi scientifici presentati. Sono stati premiati i reumatologi che più si sono impegnati nelle attività congressuali. Il premio relativo al maggior numero di lavori originali presentati è stato assegnato al dott. Franco Paoletti reumatologo responsabile dell’UO di Reumatologia dell’Ospedale S.F. Caracciolo di Agnone. Tale premio è stato il riconoscimento ad uno specialista che opera da un decennio nella regione Molise, con estrema pochezza di risorse, dedito non solo all’attività assistenziale ma anche ad attività scientifica riconosciuta in ambito nazionale. La Reumatologia del S.F. Caracciolo è nota in ambito nazionale, conosciutissima dai pazienti di tutta la regione, attira utenza extraregionale; andrebbe sicuramente potenziata potendo rappresentare per il S.F. Caracciolo un polo specialistico regionale di eccellenza.

sabato 9 gennaio 2010

Lupus Eritematoso Sistemico

Definizione
Il Lupus Eritematoso sistemico è una malattia cronica immunologicamente mediata in grado di colpire vari organi o apparati, caratterizzata clinicamente dal succedersi di fasi di remissione e di esacerbazione.
Epidemiologia
La incidenza (numero di nuovi casi per anno per 100.000 persone) è stimata fra 2,4 e 4,6 ed è significativamente più elevata nella razza nera ed asiatica rispetto alla caucasica.
La prevalenza (casi presenti su 100.000 persone) valutata da 28 a 50.
L'esordio può avvenire a qualsiasi età, con un picco massimo di incidenza variabile a seconda delle ricerche; si nota tuttavia la tendenza all’esordio nel periodo fertile per le donne, con un picco massimo di incidenza a 37 anni (Wallace DJ, in “Dubois’ Lupus Erythematosus”, Ed DJ Wallace & BH Hahn, 1997), mentre alcuni autori descrivono una età tipica di insorgenza, per il sesso maschile, oltre i 50 anni (Hopkinson ND et al, Br J Rheumatol 1993; 32: 110-115).
Il rapporto fra i sessi varia a seconda della età di esordio, con un divario massimo durante l’età fertile (8,1 : 1) e molto minore in età infantile od oltre i 60 anni (Wallace DJ, in “Dubois’ Lupus Erythematosus”, Ed DJ Wallace & BH Hahn, 1997).
1) SINTOMI COSTITUZIONALI
Febbre: la frequenza di questo sintomo appare in netto decremento nelle casistiche più recenti (dall' 86% in un lavoro di HA McGehee del 1954 al 52% in un lavoro di R Cervera del 1991). Il decremento della incidenza del sintomo febbre riflette da un lato la estensione della diagnosi di LES a forme meno aggressive e prima non riconosciute, dall’altro il sempre più diffuso impiego di FANS. Può essere dovuta alla malattia stessa, con sovraproduzione di TNF, IL-1,-2,-6, interferon a, etc. La IL-1 in particolare promuove la liberazione di acido arachidonico e la sintesi di PGE2, attiva, con effetto pirogeno, sui centri termoregolatori ipotalamici. Può essere, anche se raramente, la sola manifestazione di LES. (Knockaert et al, Arch Int Med, 1992;152:51-55). La interpretazione della presenza del sintomo febbre in pazienti con LES è sempre problematica, in quanto può essere legata a:
attività di malattia;
presenza di fatti infettivi, facilitati sia dalla malattia, condizionante una alterata risposta immunologica verso gli agenti infettanti, sia dalla terapia immunosoppressiva.
La diagnosi differenziale è obbligatoria (emo-urino-colture; Rx torace, scintigrafia con gallio ed altre indagini strumentali) prima di abolire il sintomo con FANS o steroidi. Utili per la diagnosi differenziale il rapporto VES/PCR, leucocitosi neutrofila (specie in assenza di terapia steroidea), la presenza di brividi scuotenti, più frequente, anche se non esclusiva, in forme infettive.
- Knockaert et al, Arch Intern Med, 1992; 152: 51-55
- Inoue T et al, Rheumatol Int 1986;6: 69-77
- Kanayama et al, Ann Rheum Dis 1989; 48: 861-863.
Anoressia e perdita di peso: altro sintomo con frequenza molto variabile, in genere non molto valutato, ma che può precedere l’esordio e la diagnosi di LES. (Rothfield N, 1981. In “Textbook of Rheumatology”, ed. Kelly WN et al. Vitali C et al, 1992. Clin Exp Rheumatol, 10: 527-539) Nel paziente con LES curato si assiste in genere a un aumento di peso, mediato dalla malattia (es. sindrome nefrosica), o dalla terapia (steroidi, antidepressivi triciclici).
Facile affaticabilità: in una review della letteratura è stimata essere presente dal 14 al 25% dei pazienti con LES e comporta una spesa di $ 1 billione/anno per valutazioni diagnostiche. (Goldenberg DL, Bull Rheum Dis 1995; 44: 4-8) Sembra imputabile ad una disregolazione nella produzione di citochine (es IL-2 ed interferon a producono affaticabilità, Wallace DJ, Ann Intern Med 1988; 109:909), alla febbre, alla anemia ed alla depressione.
2) SISTEMA MUSCOLO-SCHELETRICO
Artrite, artralgia e mialgia rappresentano la sintomatologia a più alta incidenza nel LES, sia all’esordio, sia nel decorso della malattia. Wallace riporta una percentuale dell’ 80% (su 2000 pazienti) in una valutazione cumulativa di 7 casistiche pubblicate a partire dal ’75 (in “Dubois’ Lupus Erythematosus”, 1997).
Artrite, artralgia: è una artrite in genere polistazionaria, spesso simmetrica, non facilmente differenziabile in prima istanza da una AR, frequentemente evanescente, con acme al mattino e quasi non rilevabile ad un esame oggettivo compiuto nel pomeriggio, interessante la sinovia articolare e le guiane tendinee, molto meno il tessuto cartilagineo e osseo, inducente nel tempo, anche in assenza di segni chiari di attività di malattia, deformità articolari riducibili (reumatismo di Jaccoud), imputabili ad una modificazione dei vettori agenti sulla articolazione più che ad una distruzione articolare.
Esiste comunque la possibilità della associazione fra AR e LES (Rhupus Syndrome), che, tuttavia, presenta una frequenza (0,09%) non superiore a quella attesa per una associazione casuale (1,2%) fra AR e LES idiopatico. (Panush RS et al. Arch Intern Med, 148: 1633-163; 1988)
Discretamente più comune la associazione fra Lupus Eritematoso subacuto cutaneo (SCLE) e AR (Menard HA et al, Arthritis Rheum 1989; 32: S16).
Diverse anche le caratteristiche del liquido sinoviale, che si presenta più francamente flogistico nella AR (valore medio G.B. 5000/ml, con 10% di neutrofili nel LES contro >15000 G.B./ml, con 50% neutrofili nella AR; viscosità del liquido sinoviale conservata nel LES e molto ridotta nella AR).
La sinovia presenta in genere una flogosi modesta, con iperplasia dei sinoviociti, edema, proliferazione vascolare, iperplasia fibrosa dell’intima, necrosi fibrinoide, fibrina alla superficie sinoviale, con un aspetto non chiaramente differenziabile da quello della AR.
Sono riportate altre associazioni fra artrite deformante e:
- presenza di sindrome di Sjogren secondaria (Alarcon-Segovia D et al, J Rheumatol, 1988;15: 65-69);
- ipertensione arteriosa (Kaplan D et al, Arthritis Rheum 1992; 35: 423-428)
- presenza di anti Ro-SSA (Franceschini et al, Lupus, 1993; 3: 419-422)
Patologia tendinea: la tenosinovite, con sindrome del tunnel carpale, può essere un sintomo di esordio. (Medsger TA, Muscoloskeletal Med 1991; 8: 15-16) La rottura dei tendini è una complicanza della flogosi tendinea che non si accompagna in genere a segni di attività clinica e si manifesta più frequentemente:
- in tendini sottoposti a carico (65% al tendine del quadricipite, specie infra-patellari; 25% al tendine di Achille);
- nei maschi;
- in pazienti con lunga terapia steroidea;
- in pazienti con reumatismo di Jaccoud;
- in LES di lunga durata;
(Furie RA, Chartash EK, Semin Arthritis Rheum 1988; 18: 127-133; Formiga F et al, Rev Clin Esp 1993, 192: 175-177)
Ricordiamo infine la possibilità di lesioni osteotendinee secondarie ad iperparatiroidismo in pazienti con grave nefropatia.
Mialgia: può essere presente in fase acuta dal 40 al 48% dei pazienti, con prevalente interessamento dei muscoli dei cingoli. (Isenberg DA, Snaith ML, J Rheumatol 1981; 8: 917-924)
Miosite: da 5% a 11% dei pazienti con conferma e.m.grafica, bioptica ed incremento di CPK ed aldolasi. (Isenberg DA, Snaith ML, J Rheumatol 1981; 8: 917-924) La associazione LES – Dermatopolimosite si riscontra con una frequenza che va dal 4 all’ 8%. (Plotz PH et al, Ann Intern Med, 1989; 111: 143-157. Foote RA et al, Muscle Nerve, 1982; 5: 65-68)
3) SISTEMA NERVOSO
A seconda delle casistiche (dal 1986 al 1996), il coinvolgimento del sistema nervoso è rilevabile in una percentuale di pazienti variabile da 11 a 75%.
- Adelman DC et al, 1986, Semin Arthritis Rheum 15: 185-189.
- Kamashta MA et al, 1991, Rheumatol Int, 11: 117-119.
- Cervera et al, 1993, Medicine, 72; 113-124. Brey RL et al, 1996 Neurology, A298.
La estrema variabilità della percentuale di compromissione dipende essenzialmente dalla diversa metodologia nel ricercare sintomi e segni di compromissione e dalla diversa valutazione dei sintomi e segni rilevati.
I criteri ARA includono solo convulsioni e/o psicosi come indici di NL. In caso di cerebrite lupica, necessita escludere una causa infettiva
- Wong et al infezione in 8 / 36 casi ( 1991, Q J Med, 294: 857-870)
- Futrell et al infezione in 14 / 91 casi (1992, Neurology, 42: 1649-1657)
4) SISTEMA CARDIO-VASCOLARE
Pericardite: la sua frequenza è molto superiore a livello autoptico (62,1% su 254 autopsie) che come riscontro clinico (25,6% su 1194 pazienti), indicando che il coinvolgimento asintomatico del pericardio è assai comune. (Doherty NE, Siegel RJ. Am Heart J, 1985; 110: 1257-1265)
E’ una tipica manifestazione da deposizione di immunocomplessi.
Può essere isolata, talora come unico sintomo di esordio, o nell'ambito di una polisierosite. La semeiotica è quella di una classica pericardite, con dolore retrosternale che si aggrava coi movimenti ed il respiro. Nel caso sia un sintomo di esordio va differenziata dalla pericardite virale, che in genere è preceduta da una infezione delle vie aeree.
La pericardite può esordire o esitare in un tamponamento cardiaco; descritti anche pochi casi di pericardite costrittiva.
Le alterazioni elettrocardiografiche tipiche sono le onde T alte ed il sopraslivellamento ST, ma la metodica di elezione per il riscontro di pericardite è l’ecocardiogramma (Cervera R et al. Cardiac disease in systemic lupus erythematosus: prospective study of 70 patients. Ann Rheum Dis 1992; 51: 156-9).
Dal punto di vista istopatologico in genere presenta un liquido siero-ematico, essudativo, cellulare (in media 30.000 cellule/mm3), con neutrofilia e tipiche cellule LE (Mandell BF, Arthritis Rheum 1993; 36: 1029-1030), con possibile, anche se rara, sovrainfezione batterica ematogena (Sanchez-Guerrero J, Alarcon-Segovia D, Br J Rheumatol 1990; 29: 69-71).
Nei casi lievi sono indicati FANS (indometacina fino a 200 mg/die), a cui possono essere aggiunti antimalarici. Se questi non sono sufficienti è necessario passare a 20-40 mg/die di prednisone per os. Utili infine boli di steroide o IVIG nelle situazioni è critiche (Petersen HH et al. High dose immunoglobulin therapy in pericarditis caused by SLE. Scand J Rheumatol 1990; 19: 91-3). La pericardiocentesi deve essere riservata ai casi di tamponamento cardiaco o di dubbio diagnostico per una pericardite infettiva (versamento ingravescente nonostante una generosa terapia steroidea); tale procedura è infatti gravata da una alta mortalità dovuta a lesioni iatrogene del miocardio, che è spesso interessato dalla flogosi.
Miocardite: anch’essa presenta una frequenza molto superiore a livello autoptico (40% su 254 autopsie) che come riscontro clinico (14% su 1194 pazienti). (Doherty NE, Siegel RJ. Am Heart J, 1985; 110: 1257-1265)
La patogenesi è mediata dalla deposizione di immunocomplessi. Borenstein et al (Ann Intern Med. 1978; 89: 619-24) hanno segnalato la associazione fra miosite e miocardite nel LES, unitamente al riscontro di anti RNP. Non confermata invece la associazione fra Ro/SS-A e miocardite-difetti di conduzione nel LES (O’Neill et al. Clin Exp Rheumatol 1993; 11: 409-12). La presenza di anti-miocardio nel LES non è associata al coinvolgimento miocardico.
A livello istopatologico è caratterizzata da infiltrazione interstiziale diffusa o focale di linfociti e plasmacellule, con note vasculitiche.
Si manifesta in genere con una tachicardia sproporzionata alla febbre ed un ingrossamento del miocardio. Possono essere presenti dispnea, aritmie, soffi e segni di scompenso cardiaco.
Il ruolo della biopsia nella diagnosi di miocardite lupica non è ancora stabilito, anche se vi sono dati a suo favore (Fairfax MJ et al. Endo myocardia biopsy in patients with systemic lupus erythematosus. J Rheumatol 1988; 15: 593-6). Ancora sperimentale una tecnica scintigrafica con Fab antimiosina marcati descritta da AJ Morguet nel 1995.
La terapia si avvale di prednisone (1mg/K/die). Segnalate anche plasmaferesi, ciclofosfamide e azatioprina.
Endocardite di Libman Sacks: consiste in vegetazioni verrucose, fino ad alcuni mm di diametro, che si trovano adese ai lembi valvolari o, meno frequentemente, ad anelli, corde tendinee ed endocardio di atri e ventricoli. La struttura è principalmente fibrosa, vascolarizzata, è ricoperta di fibrina e contiene un infiltrato linfocitario e detriti.
La diagnosi è praticamente solo autoptica, in quanto i reperti clinici o ecocardiografici non sono specifici. Raramente e emodinamicamente significativa, ma può associarsi a rottura delle corde, stenosi aortica o può embolizzare.
Valvulopatie: studi ecocardiografici hanno evidenziato una alta frequenza di rigurgiti nei pazienti con LES, soprattutto nelle sezioni destre del cuore (Enomoto K et al. Frequency of valvular regurgitation by color Doppler echocardiography in systemic lupus erythematosus. Am J Cardiol. 1991; 67: 209-11). La alterazione emodinamicamente significativa più frequente è la insufficienza aortica, verosimilmente con eziologia multifattoriale (endocardite verrucosa, endocarditi settiche, aortiti, degenerazione fibrinoide) e molteplici fattori di rischio (ipertensione, terapia steroidea, febbre reumatica etc) (Doherty NE, Siegel RJ. Am Heart J, 1985; 110: 1257-1265).
Percorso diagnostico
Anamnesi: deve assolutamente comprendere:
una storia famigliare per eventuali patologie autoimmuni;
consuetudini di vita (fumo, alcoolici, esercizio fisico, etc.);
episodi di trombosi arteriosa e/o venosa;
in donne, esito gravidico (in caso di perdite fetali, indicare periodo di gestazione ed eventuali cause accertate);
una attenta valutazione di terapie eventualmente in atto (possibilità di Lupus da farmaci, cfr. Tabella 2), con registrazione di tutti I farmaci in uso
una indagine includente comunque i seguenti sintomi, eventualmente presenti anche in passato, quali:
- sintomi articolari di durata maggiore di 3 mesi;
- presenza di fenomeno di Raynaud;
- ulcerazioni della mucosa orale per più di 2 settimane;
- riscontro di anemia, leucocito- o piastrino-penia;
- eritema rilevato della cute delle guance di durata > a 1 mese;
- lesioni sulla pelle dopo esposizione al sole (non semplice eritema);
- un dolore puntorio toracico, nella inspirazione profonda, per più di pochi giorni;
- riscontro di proteinuria;
- aumentata caduta dei capelli;
- episodi convulsivi.
La soddisfazione di nessuno, uno o due di questi criteri rende altamente inverosimile la ipotesi di un LES, pur mantenendo evidentemente necessarie le indagini sierologiche-strumentali per chiarire la patologia presente; la soddisfazione invece di 3 o più criteri rende obbligatoria una indagine sierologica mirante alla definizione di tutti I parametri scelti dalla ACR per la formulazione della diagnosi di LES . (screening validato; Liang MH et al, “A screening strategy for population studies in systemic lupus erythematosus: Series design.” Arth Rheum 1980; 23: 153-157).
Esame oggettivo completo
Esami sierologici di screening
generali
specifici: ANF (con titolo); a-DNA; a-ENA; CH 50; C3 e C4; Coombs diretto; VDRL; LLAC; aCl. Se indicato dalla storia clinica, utile uno screening per trombofilia: anti-b2GPI, omocisteinemia, Proteina C, Proteina S, test di resistenza alla attivazione della Proteina C, se quest’ultimo positivo, ricerca Fattore V di Leiden, antitrombina III; fattore II di Leiden (in caso di alterazioni congenite, ricercare conferma in famigliari).

Sindrome di Sjogren

La Sindrome di Sjögren è una malattia autoimmune sistemica coinvolgente le ghiandole esocrine, caratterizzata da un infiltrato linfoplasmocellulare che conduce alla perdita progressiva della funzionalità ghiandolare.
Classificazione
PRIMARIA: coinvolgimento delle ghiandole esocrine con o senza interessamento sistemico;
SECONDARIA: associazione con altre malattie autoimmini (Artrite Reumatoide, LES, Sclerodermia, Vasculiti, Connettiviti...)
Epidemiologia
La prevalenza della Sindrome di Sjögren nella popolazione generale non è stata ancora precisamente valutata: si ritiene che la forma primitiva si presenti con una percentuale dello 0.3-1.5%. Nella popolazione geriatrica è stata stimata una prevalenza del 3% (1). La malattia si manifesta più frequentemente in donne di età compresa tra i 40 e 50 anni (rapporto femmine: maschi di 9:1).
Manifestazioni cliniche
Le manifestazioni cliniche all’esordio possono essere aspecifiche e comparire molti anni prima della diagnosi definitiva.
MANIFESTAZIONI INIZIALI DI SINDROME DI SJÖGREN PRIMARIA IN %

1-Secchezza oculare soggettiva 47
2-Soggettiva secchezza delle fauci 42.5
3-Artralgie/ artriti 28
4-Tumor parotideo 24
5-Fenomeno di Raynaud 21
6-Febbre/ astenia 10
7-Dispareunia 5
8-Interessamento polmonare 10,5
9-Interessamento renale 1.5

1- Interessamento oculare: i pazienti riferiscono bruciore oculare, prurito, arrossamento, sensazione di corpo estraneo e fotofobia;obiettivamente si rileva un quadro di cheratocongiuntivite secca, non specifico per la Sindrome di Sjögren, ma che deve essere indagata con i seguenti test (facilmente applicabili, ma anche scarsamente specifici perchè possono essere influenzati da diversi fattori quali condizioni ambientali, età, ansia, depressione, uso di psicofarmaci):
TEST DI SCHIRMER: valuta il pool lacrimale, tramite una striscia di carta bibula messa a contatto con la ghiandola lacrimale inferiore. Il test risulta positivo se, dopo 5 minuti, la striscia è imbibita meno di 5 mm.
BREAK-UP TIME TEST (BUT): si esegue colorando il film corneale con fluoresceina e osservando la sua rottura con lampada a fessura. Valuta quindi l'alterazione del film lacrimale. Un tempo di rottura inferiore a 10 secondi è da considerarsi patologico.
ROSA BENGALA TEST: il colorante rileva cellule dell'epitelio congiuntivale e corneale danneggiate o con scarsa vitalità. All'osservazione alla lampada a fessura emerge un quadro di cheratite filamentosa o punctata.
Le complicanze oculari comprendono: la congiuntivite infettiva (stafilococcica), le ulcerazioni corneali, l'uveite posteriore.
2- Interessamento orofaringeo: una riduzione della secrezione salivare è responsabile della sensazione di secchezza orale, delle alterazione del gusto, dell'aumento di carie dentarie, che sono riferiti dai pazienti. Nel 60% dei casi si rileva obiettivamente una tumefazione delle parotidi, che all'esordio di malattia, può essere monolaterale e in seguito divenire bilaterale. Vanno escluse altre cause di xerostomia o tumor parotideo, quali: infezioni virali (HIV, HCV), sarcoidosi, neoplasie, endocrinopatie (diabete mellito, acromegalia, iperlipoproteinemie ...), terapia con antiipertensivi o parasimpaticolitici. Vanno eseguite:
SCIALOGRAFIA: si esegue introducendo un mezzo di contrasto idrosolubile nel dotto di Stenone. Si osservano tipicamente scilectasie, restringimenti del dotto di Stenone o dei dotti principali, oppure microcalcificazioni e marcata ritenzione del mezzo di contrasto dopo stimolo acido (succo di limone).
BIOPSIA DELLE GHIANDOLE SALIVARI MINORI: è altamente specifica per S. di Sjögren se il prelievo comprende 5-10 ghiandole, con il tessuto connettivo circostante; il tessuto presenta infiltrati linfocitari, con un focus score>1.

MANIFESTAZIONI EXTRAGHIANDOLARI NELLA SINDROME DI SJÖGREN IN %

1-Artralgie/ artriti 60-70
2-Fenomeno di Raynaud 35-40
3-Linfoadenopatia 15-20
4-Coinvolgimento polmonare 10-20
5-Coinvolgimento renale 10-15
6-Vasculite 5-10
7-Coinvolgimento epatico 5 -10
8-Linfoma 5-8
9-Neuropatie periferiche 2-5
10-Miosite 1-2

1- Apparato osteoarticolare: Il 60-70% dei pazienti presenta nel corso della malattia episodi di artite, artralgie e morning stiffness. Va eseguita:
RADIOGRAFIA OSTEOARTICOLARE: che non evidenzia alterazioni erosive.
2- Interessamento cutaneo: il fenomeno di Raynaud si presenta nel 35% dei pazienti, accompagnato da un aspetto edematoso delle mani, in assenza di teleangectasie e ulcere digitali. possono manifestarsi anche porpora ipergammaglobulinemica ed eritema anulare.Vanno eseguiti:
EMOCROMO CON FORMULA E PIASTRINE (in genere anemia normocromica e normocitica e linfo-leucopenia)
ELETTROFORESI DELLE PROTEINE SIERICHE, con valutazione delle classi anticorpali (in genere ipergammaglobulinemia policlonale specie a carico delle IgG e IgA)
VES (in genere aumentata)
GLICEMIA
CRIOGLOBULINEMIA
COMPLEMENTEMIA (in genere riduzione di C3 e C4)
ANA (si ritrovano nelle forme secondarie con specificità della connettivite associata)
ENA (anti-SSA e anti-SSB sono presenti, spesso insieme, nel 50-70% dei casi di Sindrome di Sjögren primaria)
CAPILLAROSCOPIA
Criteri classificativi (da Vitali e coll., 1993)
I. Sintomi oculari: una risposta positiva ad almeno una delle seguenti domande:
Ha una sensazione giornaliera e fastidiosa di secchezza oculare da almeno 3 mesi?
Ha una sensazione ricorrente di sabbia negli occhi?
Fa uso di lacrime artificiali più di tre volte al giorno?
II. Sintomi orali: una risposta positiva ad almeno una delle seguenti domande:
Ha una sensazione giornaliera di secchezza orale da almeno 3 mesi?
Ha avuto in età adulta episodi ricorrenti e persistenti di tumefazione delle ghiandole salivari?
E' costretto a bere frequentemente quando mangia cibi secchi?
III. Segni oculari: evidenza di impegno oculare documentato dalla positività di almeno uno dei seguenti test:
Test di Schirmer I (<5 mm in 5 min)*
Test al Rosa Bengala (score >4 secondo van Bijsterveld)
IV. Istopatologia: un focus score >1 nelle ghiandole salivari minori:
V. Impegno delle ghiandole salivari: evidenza di impegno delle ghiandole salivari documentato dalla positività di almeno uno dei seguenti test:
Scintigrafia salivare
Scialografia parotidea
Flusso salivare non stimolato( <1.5 ml in 15 min)*
VI. Autoanticorpi: presenza nel siero dei seguenti autoanticorpi:
anti-Ro (SSA) o La(SSB)
* questo test non deve essere tenuto in considerazione nei soggetti oltre i 60 anni, ove la riduzione può essere legata all'età.
REGOLE PER LA CORRETTA CLASSIFICAZIONE:
La presenza di 4 o più criteri in pazienti senza malattie potenzialmente associate alla S. di Sjögren è indicativo di SINDROME DI SJÖGREN PRIMARIA.
Nei pazienti con malattie potenzialmente associate alla Sindrome di Sjögren la positività del punto I o II più quella di almeno 2 fra i punti III-VI è probante per una SINDROME DI SJÖGREN SECONDARIA
CRITERI DI ESCLUSIONE
Linfoma persistente, AIDS, sarcoidosi, graft vs host disease, sialoadenosi, uso di antidepressivi, antipertensivi, neurolettici, parasimpaticolitici.
Diagnosi differenziale
altre cause di xerostomia e di xeroftalmia
forme di Sindrome di Sjögren secondarie
linfoma
crioglobulinemia di tipo II, infezione da HCV
AIDS
Terapia
Preventiva:
igiene orale, visite oculistiche periodiche, umidificazione degli ambienti.
Sintomatica:
per il trattamento della secchezza oculare è consigliato l'uso di LACRIME ARTIFICIALI a base di metilcellulosa o di polivinil alcol.
per il trattamento della secchezza orale è consigliata la frequente assunzione di liquidi, l'uso di spry o gel idratanti del cavo orale.
Sistemica:
FANS
steroidi a basse dosi
idrossiclorochina
immunosoppressori
Bibliografia
1. Drosos AA, Andonopoulos AP, et al. Prevalence of Primary Sjogren’s Syndrome in an elderly population. Br J Rheumatol. 1988; 27: 123-7.

spondilite anchilosante

La Spondilite Anchilosante (SA), con l’artrite reattiva, alcune forme di artrite psoriasica, le artriti associate a malattie infiammatorie intestinali (morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa) e le spondiloartriti indifferenziate, fa parte del gruppo delle spondiloartropatie (SpA).Tra queste, è certamente la patologia maggiormente comune e con il decorso più severo. (1) La SA è una malattia reumatica infiammatoria sistemica che coinvolge prevalentemente le articolazioni spinali e sacroiliache. Tale condizione è responsabile di dolore lombare, rigidità, (Fig. 1) ma anche di notevole riduzione della capacità funzionale articolare con gravi conseguenze sugli aspetti socio-economici. (2) Il “management” della SA comporta una stretta educazione del paziente, e un programma di attività fisica regolare di concerto con l’utilizzo dei Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (FANS).Una seconda linea di trattamento, specie (e non solo) nei casi in cui la malattia è particolarmente severa e refrattaria ai soli FANS, è rappresentata dalla SULFASALAZINA, che ha dimostrato, in parecchi “trials” clinici, essere efficace e ben tollerata in quei pazienti con (prevalente) artrite periferica. (2,4)Purtroppo la SA è una malattia che beneficia di poche opzioni terapeutiche, ed il paziente affetto dalle forme maggiormente invalidanti risulta di difficile gestione. (3)
EPIDEMIOLOGIANel gruppo delle malattie reumatiche infiammatorie, la SpA è la diagnosi più comune dopo l’artrite reumatoide. La sua prevalenza è stata a lungo sottostimata. La SA e le SpA indifferenziate (uSpA) sono i sottogruppi più comuni nei paesi occidentali.La SA ha un'incidenza 3 volte maggiore nel sesso maschile ed esordisce in genere in pazienti di età compresa tra i 20 e i 40 anni. È 10-20 volte più frequente in parenti di primo grado di pazienti con SA, rispetto alla popolazione generale e l'aumentata prevalenza dell'Ag tissutale HLA-B27 nei bianchi o dell'Ag HLA-B7 nei neri, suggerisce una predisposizione genetica, benché fattori ambientali possano svolgere un ruolo significativo. Si stima che il rischio potenziale di sviluppare la SA, per individui con HLA-B27 positivi, è di circa il 20%.
ETIOPATOGENESILa patogenesi della SA è ancor oggi poco conosciuta, anche se i meccanismi della risposta immuno-mediata coinvolgenti l’antigene leucocitario umano (HLA)-B27, gli infiltrati cellulari infiammatori, le citochine ad attività pro-infiammatoria (TNF-a e IL-10) e i fattori genetici ed ambientali sembrerebbero avere un ruolo chiave. (5)Le ipotesi patogenetiche sono senza alcun dubbio in continua evoluzione; in particolare, le teorie immunologiche, che chiamano in causa una cross-reazione tra proteine “self” e peptidi batterici, alimentano sempre più il concetto secondo cui, batteri in fase di latenza, residenti in macrofagi e cellule dendritiche, andrebbero incontro a una riattivazione attraverso un processo facilitato e promosso dall’HLA-B27. In tale contesto, l’HLA, sarebbe soggetto a una sorta di sfaldamento, che determinerebbe una diminuzione delle capacità proprie di presentazione di peptidi batterici al sistema immune, stimolando così macrofagi e cellule dendritiche infette. La migrazione di queste cellule ai tessuti bersaglio della SA, specie nel midollo localizzato vicino le entesi, potrebbe facilitare la riattivazione di batteri (dominanti) intracellulari creando un favorevole ambiente citochinico. Tale ambiente, potrebbe includere alti livelli di TGF-beta e IL-10, presenti anche in altri siti cosiddetti bersaglio e, quindi, privilegiati dalla risposta del sistema immune come ad esempio l’occhio (segmento anteriore). La riattivazione, teoricamente, potrebbe essere bloccata da una risposta locale da parte dei CD4+ e/o CD8+ (cellule T) all’infiammazione (in loco) responsabile delle manifestazioni cliniche. Miglioramenti nella comprensione dei meccanismi che conferiscono ad alcuni ceppi batterici una potenziale forza per la persistenza all’interno di cellule, includenti i macrofagi, potrebbero aprire la via a nuovi e maggiormente efficaci approcci terapeutici. (6)L’HLA-B27 è certamente importante e significativo in quanto presente in circa il 90% dei pazienti affetti da SA; ma come questo marker genetico conferisca la malattia o la suscettibilità allo sviluppo è ancora assai poco conosciuto. Studi recenti su famiglie e gemelli affetti da SA hanno mostrato che geni addizionali non-HLA-B27 sono necessari per lo sviluppo della malattia. In tale apparente controversia si inserisce il ruolo di agenti esogeni inizianti il processo infiammatorio cronico che non sono stati chiaramente identificati, anche se klebsiella pneumoniae rimane una dei forti candidati; il microrganismo potrebbe agire attraverso il canale intestinale, specie in quei pazienti che mostrano interessamento enterico di tipo infiammatorio. (7)Assai recentemente, in considerazione della frequenza e della severità della malattia che è preponderante nel sesso maschile, è stato implicato nell’etiologia della SA il ruolo degli steroidi androgeni. 9 In conclusione, si può affermare senza grandi difficoltà, come la SA sia caratterizzata dalla più forte associazione con un antigene dell’HLA mai descritta per alcuna patologia; essa rappresenta, pertanto, il modello ideale per la comprensione dei legami tra le malattie immuno-mediate ed il sistema HLA. (8)
CLINICAIl sintomo d'esordio più frequente è la lombàgo, sebbene la malattia possa iniziare in modo atipico con un interessamento delle articolazioni periferiche, particolarmente nei bambini e nelle donne; raramente esordisce con una irite acuta (uveite anteriore). Altro sintomo iniziale, ma meno comune, potrebbe essere la diminuzione dell'espansibilità toracica, risultante dall'interessamento diffuso delle strutture costo-vertebrali e/o costo-sternali; sintomi aspecifici come febbricola e astenia, e assai più rari come anoressia, perdita di peso e anemia, generalmente ipocromica-microcitica (presente in forme evolute, tipicamente associata a malattie croniche infiammatorie) rappresentano altre manifestazioni non comuni.I criteri diagnostici per la spondilite anchilosante risalgono al 1984, ovvero i criteri di New York modificati. (Tabella 1)La lombàgo, più spesso notturna e di varia intensità in ragione dell’aggressività della malattia, insieme con la rigidità mattutina che in modo caratteristico si allevia con il movimento, sono sintomi presenti nella quasi totalità della SA, o perlomeno, nelle forme sicuramente più aggressive. Il mantenimento di una postura in flessione o inclinata in avanti migliora la lombalgia e lo spasmo dei muscoli paraspinali, pertanto, è comune una cifosi di vario grado.
Tabella 1: Criteri diagnostici di “New York modificati” per la Spondilite Anchilosante1. Dolore lombare che migliora con il movimento e non scompare al riposo2. Riduzione della mobilità lombare sul piano sagittale e frontale3. Riduzione della espansibilità polmonare in rapporto al sesso e alla età4. Sacroileite bilaterale di grado 2-45. Sacroileite monolaterale di grado 3-4Diagnosi definita se: sacroileite monolaterale di grado 3-4, o sacroileite bilaterale di grado 2-4 associata ad un qualunque criterio clinico
In circa 1/3 dei pazienti sono riscontrabili manifestazioni sistemiche che variano da ricorrenti episodi di irite acuta, abitualmente autolimitantesi (uveite anteriore) raramente tanto gravi da danneggiare la vista, a segni neurologici come radicoliti o sciatalgie da compressione, fratture o sublussazioni vertebrali, la sindrome della “cauda equina” (impotenza funzionale, incontinenza urinaria notturna, diminuzione dello stimolo alla minzione e alla defecazione, assenza dei riflessi achillei). Assai meno comuni le manifestazioni cardiovascolari tra cui l’insufficienza aortica, rari episodi di angina, pericardite e anomalie di conduzione all'ECG. L'interessamento polmonare è molto raro (fibrosi del lobo superiore).La SA è caratterizzata da accessi di spondilite, di lieve o moderata intensità, alternati a periodi silenti.In questi pazienti, è di fondamentale importanza la valutazione clinico-strumentale della malattia attraverso la definizione degli “outcomes” per la SA. (Tabella 2)
Tabella 2: Definizione degli “outcomes” per la Spondilite AnchilosanteATTIVITÀ DI MALATTIA BASDAI, VAS doloreFUNZIONE FISICA BASFI, BASMI, DFI, HAQ-SSTATO DI SALUTE GLOBALE BAS-G“OUTCOMES” RADIOLOGICI BASRI SASS
Il BASDAI (Back Ankylosing Spondylitis Disease Activity Index) combina la stima della mobilità spinale e della funzionalità articolare delle sacroiliache; esso consta dei seguenti “items”:ß Distanza trago-parete;ß Flessione lombare (Schober’s test);ß Rotazione cervicale;ß Flessione spinale laterale;ß Distanza intermalleolare.Secondo gli strumenti ASAS per la valutazione della malattia (Van der Heijde D. et al. AnnRheumDisease2002;61(Suppl.3):24-32) è possibile distinguere tra domini e strumenti per la valutazione degli stessi. (Tabella 3)
Tabella 3: Domini e Strumenti ASASFunzione fisica BASFI, Dougados Functional IndexDolore VAS ultima settimana (spinale) la notte VAS spinale (no restrizioni)Mobilità Spinale Espansione toracica (cm), Schober modificato, distanza occipite-pareteStato di salute globale del paziente VAS: ultima settimanaRigidità Durata al mattino (min), rachide ultima settimanaArticolazioni periferiche/entesiti N° di articolazioni tumefatteReattanti della fase acuta (VES)Rx del rachide AP e lombare lateraleRx del bacino AP e lombare lateraleFatica
Il test di Schober consiste nell’identificare un punto che si trova equidistante in una linea immaginaria che unisce le spine iliache postero-superiori mentre il paziente è in posizione ortostatica, segnare un ulteriore punto 10 cm superiormente al precedente e chiedere al paziente di flettersi in avanti al massimo delle sue possibilità. Con il rachide in massima flessione, misurare la distanza tra i due punti. La distanza normale è ≥15 cm.
RADIOLOGIATipiche sono le alterazioni radiologiche, specie, in fase avanzata della malattia che comprendono quadri di sacroileite mono o bilaterale, erosioni e sclerosi ossea reattiva (opacità dell’osso subcondrale) che risulta generalmente più evidente sul versante iliaco dell’articolazione. Tipiche dello scheletro assile sono le alterazioni determinate dalla flogosi degli strati superficiali dell’anulus fibrosus, nelle sedi di inserzione ai margini dei corpi vertebrali con induzione di una sclerosi ossea reattiva (“angoli splendenti”) ed il conseguente riassorbimento osseo (erosioni). Al termine di questo processo il corpo vertebrale tende ad assumere l’aspetto della vertebra “squadrata” (radiogrammi in proiezione latero-laterale); pertanto si assiste alla graduale formazione di “ponti” ossei intervertebrali chiamati sindesmofiti. Alterazioni di tipo infiammatorio coinvolgono spesso anche le articolazioni interapofisarie che a loro volta vanno incontro ad anchilosi; il tutto può essere complicato dalla ossificazione dei legamenti interspinosi. Nel loro complesso, queste modificazioni, sono responsabili dell’anchilosi completa della colonna (“colonna a canna di bamboo”) che si manifesta soprattutto in pazienti con spondilite di lunga durata (7-10 aa) ed in stretta dipendenza all’aggressività della malattia stessa. L’osteoporosi della colonna, sebbene compaia più frequentemente in pazienti malati da lungo tempo, si può anche sviluppare nelle fasi precoci.
TERAPIAFondamentalmente la terapia della spondilite anchilosante si fonda sull’utilizzo di Farmaci Anti-infiammatori Non Steroidei (FANS). Tra i più efficaci e maggiormente utilizzati l’INDOMETACINA, il DICLOFENAC, l’IBUPROFENE, il KETOPROFENE, il NAPROSSENE.Le molecole appartenenti a questa grande famiglia di farmaci sono ragionevolmente tutte utilizzabili, a dosaggi variabili, nel tentativo di conservare un accettabile rapporto tra efficacia e i potenziali (e/o reali) effetti tossici.Negli ultimi anni, molte segnalazioni di beneficio clinico, perlomeno per le forme associate ad artrite periferica (o prevalente), sono pervenute riguardo la SULFASALAZINA, vecchio salicilato utilizzato un tempo per le malattie infiammatorie dell’intestino (oggi è preferita la mesalazina, figlia legittima). (2, 4)La dose iniziale è una compressa/die (500 mg), preferibilmente a stomaco pieno, per una settimana, aumentando di una cpr ogni 7 giorni fino ad una dose di mantenimento che può variare da 1-2 gr (2-4 cpr) di SULFASALAZINA/die, in ragione della risposta del paziente (efficacia/tossicità); 1 alcuni clinici preferiscono, in casi particolarmente resistenti, aumentare il dosaggio fino a 2-3 gr/die (4-6 cpr), magari in associazione con un FANS, e comunque, tale scelta associativa, è generalmente una costante per la terapia della SA. Per tale ultima ragione, è consigliabile prevenire eventuali gastropatie attraverso la contemporanea somministrazione di gastroprotettori (misoprostolo, anti-acidi, inibitori di pompa, etc..); è altresì consigliabile, controllare periodicamente la crasi ematica almeno nei primi due mesi di terapia con SULFASALAZINA.Altri farmaci di fondo (DMARD’s) come METHOTREXATE, AURANOFIN, IDROSSICLOROCHINA, AZATIOPRINA, LEFLUNOMIDE e CICLOSPORINA sono da sconsigliare in quanto non esistono studi sulla loro comprovata efficacia.Gli steroidi sono sicuramente un capitolo controverso; vi sono rare circostanze in cui un loro impiego (topico) nella SA potrebbe essere giustificato, ma in linea generale, sono sicuramente da sconsigliare per la ridotta efficacia rispetto ai FANS e gli effetti collaterali non indifferenti, specie sul metabolismo osseo.Di recente una nuova terapia per la SA ha drasticamente trovato grande spazio, perlomeno per le forme severe, molto aggressive, e quindi refrattarie alle poche armi terapeutiche fino ad oggi a disposizione.Un anticorpo monoclonale anti-TNFa, INFLIXIMAB (REMICADE – SCHERING PLOUGH”), molecola nata come terapia per il morbo di Crohn (MC), è estremamente efficace e ben tollerata anche nell’artrite reumatoide (AR); in commercio in Italia dalla fine del 2000 con l’indicazione per entrambe le patologie, ed utilizzata in vari trials clinici per altre patologie dove il TNFa, citochina ad attività pro-infiammatoria, è stato dimostrato avere un ruolo pilota e centrale in quella che è la cosiddetta cascata infiammatoria, del tutto recentemente, sempre più numerose evidenze cliniche, hanno portato all’utilizzo di INFLIXIMAB nel trattamento della SA. (1, 10)Dal 2003, tra le indicazioni all’uso del farmaco è presente anche la SA, insieme con il MC e l’AR.INFLIXIMAB (farmaco in fascia H) è esclusivamente somministrabile in ambiente ospedaliero, solo presso presidi con autorizzazione ministeriale (Reumatologia e/o Immunologia autorizzati). La via di somministrazione è esclusivamente infusionale (endovenosa), anche se evidenze cliniche recentissime, riportano successi nella terapia infiltrativa di INFLIXIMAB (100 mg/iniezione intrarticolare da ripetere dopo 24h) in pazienti affetti da AR con mono-oligoartrite resistente ai tradizionali trattamenti. 16 I protocolli di somministrazione sono sostanzialmente due con efficacia sostanzialmente sovrapponibile; (11, 12) una prima scelta è riconducibile alle esperienze con i tempi di somministrazione per l’artrite reumatoide, ovvero la prima somministrazione a tempo 0 poi 2^, 6^ settimana (fase induttiva) ed ogni 2 mesi (mantenimento). In ragione della risposta individuale del paziente è possibile ridurre (più frequentemente) fino a 45-50 gg o aumentare (non si hanno precise evidenze in tal senso) l’intervallo di somministrazione tra due dosi di INFLIXIMAB (periodo di mantenimento). (12) Altra tipologia di somministrazione per la SA secondo i trials clinici risulta una infusione ogni 6 settimane. (11)Per l’utilizzo di INFLIXIMAB sono aperte delle riflessioni che nascono dalle evidenze cliniche e dalle conoscenze scientifiche. In primis ci si chiede, come peraltro per i tradizionali DMARD’s, per quanto tempo bisogna continuare la terapia con questa molecola che nasce con mire di grande immunosoppressione (certamente superiore alle terapie convenzionali), ma che dal suo utilizzo sembrerebbe avere, ancor prima, una potentissima azione anti-infiammatoria (confermata anche e soprattutto dall’azione diretta, volta al blocco del TNFa); seconda riflessione, ma non per importanza inferiore, quale siano gli effetti a lungo termine di questo farmaco con attività diretta anti-TNFa citochina certamente ad azione pro-infiammatoria, ma con azioni fisiologiche notevolmente importanti a carico di organi ed apparati (fattore di necrosi tumorale, attività protettiva nei confronti delle ischemie, specie miocardiche, quindi interattività con l’azione del nitrossido endogeno, etc..).Del tutto recentemente, si è prospettato l’utilizzo nella SA anche di un altro farmaco con azione anti-TNFa, ETANERCEPT (ENBREL – WYETH LEDERLE”), con diverse modalità di somministrazione per via, dose e intervallo (sottocutanea, 25mg due volte la settimana; presto anche una nuova formulazione di 50mg in un'unica somministrazione settimanale) e con efficacia assolutamente sovrapponibile ad INFLIXIMAB per quel che riguarda l’artrite reumatoide, ma a differenza di quest’ultimo, in attesa dell’autorizzazione ministeriale per l’inserimento tra le indicazioni ufficiali, il trattamento della spondilite anchilosante (probabilmente entro i primi mesi del 2004).
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